Mafia e Isis: conflitto o cooperazione?

mafiaisis-1L’arma a gittata più lunga che i Daesh dello Stato Islamico possiedono è la propaganda. Nessun lanciarazzi montato su un pick-up Toyota che scorrazza per le coste libiche potrà mai arrecare danno a cose o a persone residenti in Sicilia. In questo caso tirare in ballo come possibili obiettivi le installazioni militari presenti nel mare di mezzo e in Sicilia in particolare, sarebbe superfluo e forse fuorviante. La Sicilia “militarizzata” del Muos, delle basi Usa, delle forze Nato è una “minaccia” per Isis, non un “bersaglio”. Sigonella è diventata il centro delle forze di intervento rapido per gestire le crisi della regione MENA (Medio Oriente e Nord Africa). Se a questo aggiungiamo la presenza della mafia, che – secondo le valutazioni del rischio diffuse da fonti del ministero dell’Interno – avrebbe una funzione di deterrenza nei confronti di possibili attentati terroristici ispirati dal califfato di Abu Bakr al-Baghdadi, il rischio si minimizza. Questione rilanciata recentemente anche dal vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia Claudio Fava: i terroristi non hanno interesse a agire qui perché l’alto grado di sorveglianza interna, già attivo per il contrasto alla criminalità organizzata, aumenterebbe il loro rischio di essere scoperti. Presenza ingombrante che limiterebbe la libertà di movimento dei potenziali terroristi. 

Ma queste valutazioni non prendono in considerazione la vera “causa” dell’attacco terroristico, ovvero la motivazione che spinge il terrorista a scegliere di farsi esplodere o sventagliare raffiche di mitra in un luogo pubblico. Da una prospettiva “realista”, tutto ciò non sembra essere in conflitto o in competizione con i “fini istituzionali” della criminalità organizzata. In Sicilia, per esempio, un terrorista potrebbe voler colpire un bene culturale, simbolo della coscienza di Paese “civile”. Una strategia che la mafia ha già sperimentato: Nel 1993, la fase cosiddetta “stragista” di Cosa Nostra culmina con l’autobomba in via dei Georgofili a Firenze, nei pressi della Galleria degli Uffizi. Un “martire” del califfato potrebbe anche semplicemente voler transitare in Sicilia con l’obiettivo di mettere un piede in un avamposto della “fortezza europa”, e lo farebbe utilizzando le stesse reti sfruttate dalla criminalità organizzata: come quelle del traffico di migranti, delle armi e della droga.

Nessuna evidenza di un ruolo di mediazione, di barriera o cuscinetto. In alcuni casi potrebbe configurarsi una cooperazione come nel caso della gestione degli “approdi” del sud-est siciliano, circostanza confermata da diverse inchieste della Dda etnea che hanno dimostrato i contatti tra i clan dislocati sulle coste e le organizzazioni di trafficanti. Diverse evidenze dimostrano quindi che mafia e terrorismo jihadista non sono incompatibili, infatti hanno stessi sistemi di autofinanziamento, vivono lo stesso regime di clandestinità e hanno lo stesso nemico: l’autorità statale fondata sui valori della democrazia occidentale. I tragici fatti di Parigi ci raccontano che la propaganda del califfato raggiunge in maniera dirompente chi vive già da noi, in questo caso non c’è nessuna invasione di “immigrati clandestini” da dover arginare, si tratta di guardare in faccia il prodotto delle politiche di esclusione che l’austera Europa porta avanti da qualche anno. Solo su una cosa competono criminalità organizzata e terroristi: il bacino di reclutamento.

pubblicato sul numero di dicembre 2015 di Paesi Etnei Oggi

Traffico aereo e droni. “Il radar di Sigonella non limita l’espansione di Fontanarossa”

Il traffico che insiste sullo spazio aereo della Sicilia sud orientale è aumentato negli ultimi anni. Alla tendenza positiva legata alla crescita degli scali di Fontanarossa e Comiso si è aggiunto un significativo incremento dei voli di natura militare. Dal 2011, le precarie condizioni politiche della sponda sud del Mediterraneo e il conseguente aumento dei flussi migratori irregolari che mettono a rischio migliaia di vite umane, hanno richiesto un più alto livello di sorveglianza e controllo. Particolare attenzione e perplessità nell’opinione pubblica destano i velivoli senza pilota – comunemente detti “droni” – che andranno ad implementare le attività di sorveglianza e controllo già normalmente svolte dall’Aeronautica Militare a Sigonella. Infatti, in attesa che arrivino i quattro Global Hawk della Nato, nella base aerea alla piana di Catania, sono stati temporaneamente rischierati i sistemi a pilotaggio remoto (APR) e un’aliquota di personale operativo del 28° gruppo volo del 32° Stormo di Amendola (FG). I velivoli senza pilota vengono impiegati nelle attività di intelligence e sorveglianza. L’anno scorso un barcone di migranti in pericolo di vita è stato localizzato dal “Predator”.

“Gli aerei a pilotaggio remoto vengono gestiti come qualsiasi altro volo, sia esso civile o militare – afferma Vincenzo Sicuso, comandante dell’aeroporto e del 41° stormo di Sigonella – con gli stessi standard di sicurezza e con le opportune separazioni”. Il traffico aereo militare non rappresenta un problema per il traffico civile, secondo il comandante infatti, “la cenere dell’Etna ha un impatto maggiore degli aerei senza pilota”. Tutto passa dal radar militare che attualmente – come da accordi con ENAC – gestisce 20 traffici civili l’ora. Uno stato di fatto che da varie parti è stato letto come una sorta di “imbuto”, che impedirebbe l’ulteriore espansione del traffico aereo relativo al sistema aeroportuale Fontanarossa e Comiso. Il potenziamento del radar è stato anche oggetto di una recente interrogazione parlamentare – presentata dal deputato cinque stelle Gianluca Rizzo in sinergia con i deputati regionali del movimento all’Ars – proprio sulle presunte limitazioni imposte dal radar militare allo sviluppo degli scali civili.

“Non c’è nessun collo di bottiglia – dichiara Sicuso – nel 2014 abbiamo gestito un significativo traffico militare e abbiamo consentito a Fontanarossa e Comiso di raggiungere sette milioni di passeggeri”. Nessun ostacolo quindi all’ulteriore espansione del traffico commerciale, “in ogni caso – continua il comandante – c’è un ottimo rapporto con ENAC e ENAV, tutte le necessità vengono concordate ad alto livello”. A gennaio 2014 è stato siglato infatti, un protocollo d’intesa tra l’Aeronautica Militare e ENAV, finalizzato proprio a supportare altissimi standard di sicurezza, efficienza, qualità e sostenibilità dei servizi alla navigazione aerea. In questo ambito sono previsti specifici progetti comuni in ambito tecnologico, operativo e normativo.

Droni antiterrorismo a Sigonella, il programma AGS della NATO

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SIGONELLA. “The hub of the med”, sarà la sede del programma di sorveglianza NATO. I droni “Global hawk”, che arriveranno in Sicilia a pieno regime nel 2016, saranno il fulcro del sistema di sorveglianza. Il comandante dell’Aeroporto e della Base di Sigonella, Colonello Vincenzo Sicuso, spiega i dettagli del programma e l’upgrade della struttura militare. L’ impiego degli aerei a pilotaggio remoto “consentirà di essere presenti laddove la minaccia concretamente si può manifestare”. “Il terrorismo, oggi, è “la minaccia” – afferma il comandante – la sorveglianza e la raccolta informazioni potrebbero prevenire fatti come quelli di Parigi”.

Il Global Hawk è dotato di tecnologia avanzata che potrà essere utilizzata per svariati scenari: dal monitoraggio delle minacce terroristiche, alla ricognizione e ricerca in caso di disastri naturali. “I fatti di Parigi ci ricordano come oggi – afferma il colonnello Sicuso – la minaccia ‘esterna’ può emergere anche dall’interno”. Su queste esigenze è basato anche l’accordo tra l’Aeronautica Militare e Forze dell’Ordine (Polizia e Carabinieri) per l’impiego dei velivoli senza pilota su tutto il territorio nazionale, per la gestione di criticità interne e d’investigazione. “Si opererà affinché il meglio della raccolta informativa – prosegue il colonnello – possa essere utilizzato da chi ne ha più bisogno”.

Il 2015 sarà l’anno dell’adeguamento delle infrastrutture e della formazione del personale, in attesa che i Global Hawk, già prodotti dalla Northrop Grumman, giungano in Sicilia nel 2016. Nuovi Hangar e nuove piazzole accoglieranno gli APR (aerei a pilotaggio remoto) i quali, insieme agli altri aeromobili in esercizio già presenti nella base, costituiranno un unico sistema di difesa mirato alla prevenzione: “I velivoli non portano bombe – afferma il comandante – gli UAV (unmanned aerial system), ci aiuteranno a essere presenti laddove la minaccia si può creare”. La raccolta delle informazioni e la sorveglianza hanno la funzione di privilegiare la prevenzione di situazioni critiche piuttosto che la reazione a atti terroristici, perché “reagire costa di più – chiosa il colonnello Sicuso – e i morti non puoi farli tornare”.

In missione dimostrativa sull’Atlantic, velivolo che andrà in pensione tra qualche mese dopo più di quaranta anni di servizio, il comandante pilota traccia inoltre un bilancio della partecipazione del 41esimo stormo di Sigonella alle attività legate all’operazione Mare Nostrum: 2000 ore di volo in ricerca dei natanti e di informazioni, grazie alle quali sono stati tratti in salvo circa 120.000 migranti dalla Marina Militare. Il pattugliamento aereo delle acque territoriali è stato sempre assicurato dai mezzi dell’Aeronautica militare, l’Atlantic ha raggiunto l’apice dell’impiego operativo durante la ‘guerra fredda’, quando la presenza nel Mediterraneo di sommergibili sovietici creava costanti situazioni di allerta.

Oggi la situazione è cambiata, ma il pattugliamento del Mediterraneo rimane sempre di fondamentale importanza per la difesa dei confini nazionali, ed è per questo che “nonostante la missione europea ‘Triton’ preveda il limite delle 12 miglia in prossimità della zona SAR (search and rescue) – afferma il comandante – la nostra attività si estende comunque oltre questo limite, e questo viene fatto indipendentemente dalle crisi e dalle emergenze umanitarie in corso”.

http://catania.livesicilia.it/2015/01/21/sigonella-verso-i-droni-antiterrorismo-in-missione-a-bordo-dellatlantic-video_325113/

Assemblea Parlamentare Nato. Il Seminario di Catania

Il 2 e 3 ottobre, la città etnea ha ospitato il seminario del Gruppo Speciale sul Mediterraneo e Medio Oriente dell’Assemblea Parlamentare NATO. L’organo che istituzionalmente è separato dall’Organizzazione Nord Atlantica, fornisce più trasparenza alle politiche di difesa e costituisce un importante collegamento tra legislatori e i rappresentanti dei cittadini dell’Alleanza.

List of participants

assembly

http://catania.livesicilia.it/2014/10/03/nato-tutti-i-partiti-presenti-allappello-manca-la-lega_311244/

http://catania.livesicilia.it/2014/10/02/protesta-contro-lassemblea-nato-chi-paga-per-tutto-questo_311008/

http://catania.livesicilia.it/2014/10/02/centro-storico-blindato_310980/

Ambasciatore Ucraina in Sicilia: “Il Gas? Strumento di pressione”

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L’ambasciatore Yevhen Perelygin fa tappa in Sicilia per un giro diplomatico finalizzato a “sviluppare accordi bilaterali con l’Italia anche a livello regionale”, ma il tema della discussione è la crisi in Ucraina.

Sul ruolo dell’Italia nella crisi, il diplomatico afferma: “Il Governo Italiano ha fatto di tutto per sostenere l’integrità territoriale dell’Ucraina, noi speriamo che il ruolo dell’Italia nel processo di stabilizzazione del nostro Paese divenga più determinante in concomitanza col semestre italiano di Presidenza in Europa”.

L’ambasciatore non teme che i rapporti privilegiati dell’Italia con la Russia di Putin, si possano tramutare in posizioni più timide dell’Italia, anzi proprio per questo – dice Perelygin – “vogliamo che il Governo Renzi utilizzi questi rapporti per convincere il Governo Russo a rispettare la nostra indipendenza, la nostra integrità territoriale e la nostra scelta di aderire all’UE”.

Sullo sfondo la politica energetica dell’Italia, che deve fare i conti con i mutati assetti dell’approvvigionamento. Lo stop sostanziale al gasdotto South Stream (tra Mar Nero e Mediterraneo) in concomitanza con la crisi Ucraina dovrà in qualche modo ricollocare le attività di ENI, rinnovata ai vertici dal Governo Renzi.

“Il gas per la Russia è solo uno strumento di pressione politica – commenta Perelygin – la fluttuazione del prezzo che ci impone Putin non segue nessuna regola di mercato”. Si è passati dai 90 dollari per mille metri cubi ai 500 dollari “dopo la rivoluzione arancione”. “Bisogna raggiungere un accordo, la Commissione Europea a proposto un range di prezzo per l’Ucraina che oscilla tra 300 e 380 dollari, in ogni caso – puntualizza – il gas verrà transitato per l’Europa come sempre”, e quindi nessun rischio per le forniture anche in Italia.

“La settimana prossima il mio governo andrà a concludere la seconda fase dell’accordo associativo con l’Europa – continua il diplomatico – i dati delle ultime elezioni ci dicono che l’85 % del voto popolare è andato a candidati a favore dell’Europa”. Perelygin ne fa anche una questione ideologica, sostenendo che “l’Ucraina sta lottando contro il suo passato comunista” ma guarda al futuro europeo come orizzonte di sviluppo.

Anche un piccolo presidio del “Comitato Catanese di Solidarietà con l’Antifascista” a testimoniare il dissenso verso l’attuale governo ucraino, “un fantoccio – secondo i manifestanti – agli ordini di USA e UE, il quale “si rende ogni giorno colpevole di massacri di civili inermi nelle regioni sudorientali dell’Ucraina”.

“Gli scontri in quella parte del Paese – dice l’Ambasciatore – coinvolgono criminali e mercenari, non c’è una guerra civile”. E’ sotto gli occhi di tutti che l’occupazione della Crimea è una violazione del diritto internazionale, il referendum è illegittimo”.

Renzi, il caro leader in visita a Siracusa e il gruppo di pressione della Sicilia orientale.

renziIl Presidente del Consiglio arriva a Siracusa direttamente dalla Tunisia. Il primo incontro in programma è stato all’istituto Salvatore Raiti, dove il premier è stato accolto da circa 800 alunni che intonavano canti. Roba, questa, da far impallidire il “Caro Leader” nordcoreano. Un Matteo Renzi pedagogico che insiste sul valore della scuola come luogo in cui far crescere i sogni. Da sindaco (o ex) conosce bene i problemi relativi all’edilizia scolastica, alla condizione degli insegnanti precari e delle fasce più deboli della cittadinanza. La scuola di Siracusa ripropone il copione di Treviso e siamo sicuri che le “gite scolastiche” del rottamatore continueranno in tutta Italia. Ma c’è una sottile linea rossa che lega il “nuovo corso” renziano e la Sicilia orientale, a cominciare dal rapporto diretto con i Sindaci, non mediato dalla burocrazia regionale.

 L’inserimento delle politiche scolastiche tra le priorità del Governo e l’avvio delle procedure per poter intervenire da subito, cambiando i patto di stabilità interno, è stato messo in opera dall’inquilino di Palazzo Chigi chiamando in causa direttamente gli amministratori locali per mezzo di una lettera inviata ai primi cittadini due giorni addietro: “Vogliamo che il 2014 segni l’investimento più significativo mai fatto da un Governo centrale sull’edilizia scolastica. Stiamo lavorando per affrontare le assurde ricadute del patto di stabilità interno. Vi chiedo – continua la lettera – di scegliere all’interno del vostro Comune un edificio scolastico. Di inviarci entro il 15 marzo una nota molto sintetica sullo stato dell’arte. Non vi chiediamo progetti esecutivi o dettagliati: ci occorre – per il momento – l’indicazione della scuola, il valore dell’intervento, le modalità di finanziamento che avete previsto, la tempistica di realizzazione. Semplice e operativo come sanno essere i Sindaci”. Una richiesta subito accolta dal più “renziano” dei Sindaci siciliani, il primo cittadino di Catania Enzo Bianco, il quale ha già segnalato il circolo didattico Nazario Sauro, costruito in cemento armato ma realizzato quando non era ancora in vigore alcuna norma antisismica.

Anche l’incontro istituzionale con gli imprenditori e i sindaci del siracusano è in linea con il “nuovo corso” di Renzi e del suo governo. Sembra configurarsi un diverso rapporto tra il governo centrale e le realtà economico-sociali locali, più diretto e non mediato dalle Regioni, soprattutto per le questioni che riguardano la progettazione europea. Le nuove linee guida per i finanziamenti alle c.d. Aree Vaste sembrano inconciliabili con l’inefficienza cronica della burocrazia regionale che negli ultimi anni ha perso opportunità di finanziamento per circa 30 miliardi.

Ed è in questo frangente che ritorna alla ribalta il “gruppo di pressione” della Sicilia orientale. Alla nascita del c.d. Distretto Sud-Est – patrocinato dal Presidente della Repubblica in visita a Catania una settimana fa – si aggiungono nuove possibilità dettate da un rapporto virtuoso tra imprenditori e amministratori locali. Proprio in quella occasione, ancora Enzo Bianco non risparmiò critiche alla autonomia speciale siciliana, “troppo spesso diventata un handicap” a causa della sua “elefantiasi che produce sprechi e lentezze”. Confindustria in prima linea, ma anche altre organizzazioni datoriali, professionisti e imprenditori tenteranno di dire la loro sul futuro di questa parte di Sicilia che da sola rappresenta l’80 % del PIL regionale non legato alla pubblica amministrazione.

Gruppi di pressione che nascono spontanei sulla scorta delle nuove opportunità di sviluppo, a partire dalla nuova logistica portuale disegnata dal ministro Lupi a cui fa eco la proposta del “Porto dello Jonio” lanciata dall’organizzazione catanese “Il Tavolo per le imprese”, guidata dall’imprenditore “renziano” Giuseppe Ursino. L’idea, che sarà discussa in un meeting il prossimo 7 marzo, parte da una visione nella quale il “Porto dello Ionio” esprime l’Authority, il governo unico e di interesse strategico che identifica gli scali portuali delle sei città: Catania, Messina, Siracusa, Augusta, Pozzallo e Gela.

Con queste premesse c’è da scommettere che anche i “rottamatori” occidentali si diano una (s)mossa.

http://www.siciliainformazioni.com/86699/la-visita-di-renzi-e-la-pressione-delloriente-siciliano

Pd, Crocetta: “Alfano? Alleato a Roma, ma in Sicilia mi fa la guerra”

Diversi settori del Partito democratico avrebbero voluto l’attuale Presidente della Sicilia, Rosario Crocetta come candidato alla segreteria di via largo del Nazareno. “Ho rifiutato perché dopo l’elezione in Sicilia non c’era il tempo per pensare ad altro”. Positive le prime impressioni sul neo-premier Matteo Renzi: “Mi piace con il suo stile senza fronzoli, asciutto e a tratti quasi incomprensibile alla vecchia nomenclatura del nostro Paese”. Per il Presidente la partita del leader Pd si giocherà sulla scommessa delle riforme che “potrebbero rilanciare l’Italia”. L’alleanza tra il Pd e il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano viene valutata da Crocetta come “una scelta obbligata”, nonostante comporti un problema politico: “A livello nazionale siamo alleati con persone che in Sicilia mi fanno la guerra”. La stoccata finale viene riservata al Movimento 5 Stelle: “Se avessero accettato finalmente l’idea di contaminarsi” ovvero candidarsi “non per fare opposizione ma per governare” adesso le cose sarebbero diverse

via  Il Fatto Quotidiano

Sicilia militarizzata, MUOS e Sigonella: lo stato d’avanzamento

Microsoft PowerPoint - 2013_09_09_MIlitary Tactical CommunicatioA novembre sono ripartiti i lavori per il Muos, in contrada Ulmo. Dopo lo stop durato circa sei mesi, periodo durante il quale sono emersi gli atteggiamenti ondivaghi dell’amministrazione regionale, riprendono le attività nella Sughereta di Niscemi in attesa del “Big Lift”, ovvero il sollevamento e il posizionamento delle parabole, previsto per gennaio 2014. Sullo sfondo le battaglie legali che sostanzialmente ripropongono la situazione di stallo tra Governo centrale e autorità locali. Il completamento dei lavori a Niscemi – che secondo i funzionari del Pentagono necessita di 14 mesi – rimane una questione chiave per la piena operatività del sistema. Secondo il “fact sheet” distribuito a settembre dalla US Navy, il sistema di comunicazione globale entrerà in esercizio dal 2015.

Le altre tre “ground stations” sono già state completate e collaudate dalla U.S. Navy. La connettività del satellite equatoriale con le stazioni dell’emisfero boreale è stata testata provando connessioni radio/dati dal circolo polare artico, mentre il test della funzionalità di comunicazione in volo è stato condotto installando il sistema radio per aeromobili ARC-210 su un L-100 Hercules (versione commerciale del C-130). Le nuove potenzialità testate sembrano soddisfare le aspettative riposte nel sistema satellitare che promette di cambiare il volto delle operazioni militari statunitensi. Uno strumento che garantirà capacità operative più penetranti e onnipresenti.

I tempi strettissimi dettati dalla problematica situazione siciliana hanno imposto una velocizzazione delle altre attività correlate: il secondo satellite della costellazione MUOS – lanciato il 19 luglio scorso – ha completato tutti i test in orbita nella metà del tempo impiegato per il test del primo satellite. Sempre secondo quanto diffuso da Lockeed Martin, il terzo satellite è completo al 94%, il quarto è giunto al 89 % e il quinto (quello di riserva) è completo al 74 %. Alla commessa, che raggiungerà complessivamente il valore di circa 6 miliardi di dollari, partecipano oltre Lockeed Martin in qualità di “prime contractor”, la General Dynamics, Boeing, Ericsson e Harris corporation. Per il lancio dei satelliti in orbita viene impiegato il sistema di lancio Atlas V, che utilizza propulsori RD 180, derivato dai sovietici Zenit, prodotto in Russia ma attualmente venduto al governo degli Stati Uniti dalla RD AMROSS una joint venture tra la Pratt & Whitney Rocketdyne e la NPO Energomash.

SIGONELLA – Nuove manovre coinvolgeranno la Sicilia all’inizio del 2014. L’8th Marines arriverà in Europa nell’ambito delle attività addestrative previste per le operazioni dello Special Purpose Marine Air Ground Task Force for Crisis Response (SPMAGTF). E’ prevista infatti una rotazione dei marines appartenenti alle SOF (Special Operation Forces) che fanno riferimento tutte al quartier generale di Sigonella. Le forze verranno dislocate in Sicilia e nel Mar Nero. Il ruolo centrale della base di Sigonella per le operazioni speciali, si consoliderà e, presumibilmente, la base dovrà ulteriormente ampliare le proprie capacità logistiche e operative. Tutto ciò a causa delle difficoltà oggettive presenti in Nord Africa: la persistente instabilità politica della sponda sud del Mediterraneo, non consente l’individuazione di un Centro di Coordinamento per le SOF nella regione, quindi la base siciliana dovrà farsi carico, oltre che del Nord Africa, della fascia del Sahel e del Corno.

Nella base siciliana – individuata come sede del programma NATO Air Ground Surveillance (AGS) – arriveranno all’inizio del 2014 i primi Global Hawk. E’ cominciata infatti, i primi di dicembre, la produzione dei 5 droni previsti dal programma, nello stabilimento della Northrop Grumman in Mississippi. Nel progetto industriale, che coinvolge l’Italia per una quota di 120 milioni di dollari, partecipa anche Finmeccanica tramite la controllata Selex.

Allo stato delle cose, l’unico aspetto della questione che sembra destinato a subire una battuta d’arresto è proprio l’azione di contrasto alle mire egemoniche degli Stati Uniti. Le azioni legali dei Comitati e dei movimenti, che si sono rivolti al TAR impugnando la “revoca della revoca” al fine di ottenere la sospensione dei lavori nella Sughereta di Niscemi, rischiano di trovare risposta il 27 marzo, ad antenne già alzate.

http://www.siciliainformazioni.com/sicilia-informazioni/63958/sigonella-manovre-nel-2014-arriva-lottavo-marines

Sigonella e Global Hawk: i retroscena diplomatici da wikileaks

Sig globI retroscena diplomatici sul ruolo strategico di Sigonella e sui Global Hawk. Dai cablogrammi diffusi da wikileaks, le trattative e le decisioni tenute segrete all’opinione pubblica sul cambio di destinazione “d’uso” di Sigonella e sulla dislocazione dei Droni. Dal 2004 al 2008 i governi italiani che hanno trattato la questione evitano il dibattito pubblico, aspettando sempre il momento “propizio” per prendere le decisioni, che, in ambedue i casi, arrivarono pochi giorni prima delle elezioni politiche. Il Technical Agreement su Sigonella viene siglato il 6 aprile 2006, mentre l’autorizzazione per la dislocazione dei Global Hawk è del 1 aprile 2008.

Il 6 ottobre 2004 Lincoln Bloomfield, delegato per gli affari politico-militari USA, organizza un incontro a Roma per tastare il polso al governo italiano sul Global Defense Posture Review (GDPR). Nella prima parte dell’incontro, il funzionario americano spiegò a grandi linee l’esigenza di schierare a Sigonella gran parte dei reparti per le operazioni speciali (SOF). Gli americani chiedevano sostanzialmente di poter affrontare la questione ad un livello “tecnico”, senza dover affrontare dibattiti “politici”. Il gen. Fabrizio Castagnetti (che partecipava in qualità di sottocapo di SME), cercò di far capire che, se i cambiamenti in atto a Vicenza e a Gaeta potevano essere gestiti “tecnicamente” in quanto relativi a forze assegnate alla Nato, per Sigonella il problema sarebbe stato “politicamente” più complesso, trattandosi di base ad uso esclusivo della Marina statunitense.

Al meeting si unì l’allora ministro della difesa Antonio Martino, il quale ribadì la comunanza di vedute sulle nuove esigenze strategiche, ma espresse preoccupazioni sul dislocamento a Sigonella delle SOF; sottolineò inoltre come non vi fossero in Sicilia infrastrutture idonee alle tipologie di addestramento previste, tuttavia, una volta delineati maggiormente gli aspetti tecnici, il governo italiano avrebbe senz’altro fornito tutto l’appoggio politico necessario.

Bloomfield premeva per tenere tutto al livello “bottom-up”, sostenendo che la rapidità di decisione e intervento in risposta alle nuove minacce talvolta imponesse di disattendere il “lusso” di lunghi dibattiti politici. L’ex ministro della Difesa evidenziò come anche la rapidità di impiego fosse una questione politica e non meramente “tecnica”, e che piuttosto si sarebbe rivelato indispensabile un sistema che consentisse un rapido “decision making”. L’incontro si concluse con la proposta di Giampiero Massolo (allora capo di gabinetto del Ministero degli Esteri e attualmente capo del Dipartimento Informazioni e Sicurezza) di istituire un gruppo di lavoro non pubblicizzato per chiarire dalla prospettiva militare il contenuto del c.d. “pacchetto SOF”, in modo da poterlo sottoporre in un secondo momento ai vertici politici.

L’incontro successivo, dedicato al tema della rimodulazione della presenza militare americana in Italia e particolarmente in Sicilia, si tenne il 5 gennaio 2005. Una delegazione del Pentagono incontrò a Roma Claudio Bisogniero (vicedirettore generale del Ministero degli Esteri) e Giovanni Brauzzi (capo dell’ufficio del Ministero degli Esteri presso la NATO). In questa sede, gli ufficiali del Pentagono fornirono maggiori dettagli in relazione ai piani predisposti per Sigonella, ribadendo che lo scopo strategico del riallineamento delle politiche di difesa nasceva dall’esigenza di abbandonare l’impostazione post guerra fredda, e avrebbe dovuto riadattarsi alle future sfide che – secondo il Governo USA – sarebbero arrivate dai confini sud e sud-est d’Europa. Gli interventi di lungo termine per Sigonella, proposti in questa sede, prevedevano: la convergenza in Sicilia di tutte le unità per le operazioni speciali dislocate in Europa (le unità USAF in Gran Bretagna, le unità di terra a Stoccarda in Germania, e le due unità dei Navy SEAL in Germania e in Spagna); il trasferimento degli elicotteri per le operazioni speciali; lo stazionamento permanente a Sigonella degli aeromobili MC-130 e CV-22; il miglioramento delle infrastrutture navali sulla baia di Augusta.

Si stimava un incremento totale della popolazione della base da 5.500 a 11.500 unità, nel periodo 2008-2015. Anche questa volta, i funzionari italiani espressero preoccupazioni soprattutto per l’impatto che il trasferimento in massa di militari e le invasive operazioni di addestramento avrebbero avuto sulle popolazioni locali e sulle infrastrutture siciliane. Si convenne di riunire il gruppo di lavoro per la fine di gennaio o al massimo agli inizi di febbraio, coinvolgendo direttamente il comando delle forze armate americane in Europa (EUCOM). Fino a questo momento, gli incontri furono secretati su espressa richiesta del Ministro della Difesa Antonio Martino, il quale temeva che questi temi potessero essere sfruttati dall’opposizione a fini elettorali.

L’attendismo del Governo italiano – che probabilmente cercava di prendere tempo rimandando l’incontro già programmato a gennaio – non giovò a molto. Difatti, agli inizi di maggio del 2005, la stampa italiana riprese le dichiarazioni del comandante delle forze americane in Europa, generale James L. Jones (SACEUR), relative ai progetti americani mirati a far diventare la base di Sigonella il quartier generale delle operazioni speciali. Ne seguirono interrogazioni parlamentari e dibattiti nell’opinione pubblica italiana, già notevolmente scossa dalla morte di Nicola Calipari, ucciso da “fuoco amico” in Iraq il 4 marzo, durante l’operazione di trasferimento della giornalista Giuliana Sgrena (liberata dal sequestro avvenuto un mese prima).

A questo punto si rese necessario giungere al più presto ad una definizione dell’affare Sigonella. Questa volta le pressioni vennero da parte italiana: il capo di SME, Amm. Giampaolo Di Paola, durante un incontro con l’ambasciatore americano avvenuto in data 19 ottobre 2005, definì “un’assoluta necessità” la conclusione del Technical Agreement per Sigonella, alla luce del prospettarsi di un possibile cambio di governo in Italia alle elezioni dell’Aprile del 2006, eventualità che non avrebbe consentito “politicamente” agli Stati Uniti un ambito di manovra come quello concessogli, sino a quel momento, nelle basi italiane. L’accordo tecnico, secondo Di Paola, sarebbe servito a dimostrare il rispetto della sovranità italiana e ad inquadrare il tutto nell’ottica del leale rapporto tra paesi alleati. L’ex ministro della difesa del governo Monti, per enfatizzare il suo punto di vista e cercare di essere più convincente, arrivò a parafrasare la massima gattopardesca del “bisogna che tutto cambi perché tutto rimanga com’é”. Gli americani si convinsero e l’accordo tecnico su Sigonella venne firmato il 6 Aprile, tre giorni prima delle elezioni politiche.

A maggio 2006 si costituì il Governo Prodi, con Massimo D’Alema ministro degli Esteri e Arturo Parisi alla Difesa. Definito il TA per Sigonella, cominciarono le pressioni sul Governo Italiano per l’approvazione del distaccamento dei Global Hawk nella base siciliana. Nell’ottobre del 2007 si prevedevano una serie di incontri bilaterali Italia-Usa, proprio per discutere i termini dell’impegno italiano in Afghanistan, Kosovo, Darfur. L’ambasciatore USA incontrò Parisi il 22 ottobre, per discutere l’agenda della visita ufficiale del Ministro, che sarebbe avvenuta il 30 ottobre a Washington. Ronald Spogli chiese con insistenza la possibilità di poter ottenere l’approvazione sui Global Hawk – inoltrata al Governo Italiano nel gennaio 2007 – già all’incontro successivo e, anche se Parisi si dimostrò disponibile, non mancò di esprimere preoccupazioni per l’instabile maggioranza parlamentare, nella quale sarebbe bastato un singolo senatore di estrema sinistra a far cadere il Governo.

L’approvazione definitiva per l’impiego dei Global Hawk a Sigonella sarà firmata dal generale Pasquale Preziosa – capo dello staff Difesa – in data 1 Aprile 2008; e sarà tenuta segreta per non disturbare la campagna elettorale che riporterà, di lì a poco, Berlusconi a Palazzo Chigi.

https://www.wikileaks.org/plusd/cables/04ROME3985_a.html

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